Seminario del M° Guerra a Ronchi dei Legionari

Seminario del M° Guerra a Ronchi dei Legionari

(Articolo comparso sulla testata del maestro Enrico Neami che ringrazio: qui il link diretto all’articolo)

Sabato 2 e domenica 3 settembre 2023 il Maestro Gian Luca Guerra (5° dan Iwama Shin Shin Aiki Shurenkai, responsabile dell’Aiki Shuren Dojo Milano) ha diretto un koshukai (seminario) di Aikido Tradizionale della Scuola di Iwama – Dentō Iwama Ryu Aikido a Ronchi dei Legionari (Go) su invito di Enrico Neami dell’Aiki Shuren Dojo Trieste.

L’evento è stato ospitato nella capiente sala principale di arti marziali della versatile struttura del Corpo Libero SSD, organizzazione di riferimento per le discipline marziali nella bisiacaria orientale, ed ha registrato la partecipazioni di aikidoka provenienti da Milano, Brescia, Trieste, dalla provincia di Udine e dal sacilese. Per il Friuli Venezia Giulia erano rappresentati il Dojo Sacile del maestro Mauro Tomè, il Mushin no Shin Dojo (Plasencis) del maestro Ermanno Passalenti e l’ospitante Aiki Shuren Dojo Trieste del maestro Enrico Neami.

Il Maestro Guerra – uno dei pochi praticanti italiani ad aver ricevuto il prestigioso grado godan (cintura nera 5° dan) motu proprio dal caposcuola Saito Hitohira Jukucho durante uno dei propri soggiorni di studio quale uchideshi (allievo residente) nel dojo centrale di Iwama, Giappone – ha voluto portare ai presenti molteplici spunti di riflessione tecnica e studio da poter approfondire e metabolizzare nella pratica quotidiana dei rispettivi dojo, condividendo insegnamenti, esperienze e tecniche da lui apprese nel corso degli anni di frequenza giapponese.

Foto di gruppo dei partecipanti al keiko di sabato mattina.

Il programma, come da tradizione, si è articolato su un’alternanza tra pratica con le armi tradizionali (bukiwaza) ed a mani nude (taijutsu): per l’Aikiken (la spada dell’Aikido) sono stati approfonditi i 7 suburi – movimenti fondamentali in solitaria – con particolare attenzione agli attacchi shomenuchi e yokomenuchi e, quindi, i kumitachi (combattimenti codificati con la spada) 1,2 e 3; per il taijutsu sono stati sviscerate le tecniche-madre katatedori tai no henko (kihon e kinonagare) e morotedori kokyuho e, quindi, shomenuchi dai ikkyo (omote e ura), ryotedori kokyunage, shihonage (omote e ura) da differenti attacchi; per l’Aikijo (il bastone dell’Aikido) sono stati esaminati i 20 suburi – movimenti fondamentali in solitaria – e poi i kumijo (combattimenti codificati col bastone) 1 e 2.

A prescindere, però, dal dettaglio quantitativo dell’insegnamento di Gian Luca Guerra, sono state la dimensione qualitativa e la profondità degli spunti proposti a dettare la cifra del livello del seminario che ha lasciato a tutti i presenti – erano rappresentati tutti i livelli dei gradi kyu ed i livelli della cintura nera dal primo al quinto – una traccia metodologica da approfondire nei corsi ordinari per correggere le proprie lacune ed implementare radicalmente il livello della propria tecnica.

Tutti i partecipanti hanno lasciato lo stage di Ronchi con piena soddisfazione per l’ottima pratica condivisa in questo evento settembrino di buon rientro sul tatami.

A latere della pratica vera e propria vi è stato spazio per dei piacevolissimi momenti di convivialità, che hanno anche permesso al Maestro di riportare aneddoti ed accadimenti dell’Hombu Dojo di Iwama che hanno suscitato la curiosità e l’interesse di tutti gli astanti.

Il kamiza della sala principale opportunamente riallestito per il koshukai.

La gratitudine dello scrivente va all’amico Gian Luca Guerra Sensei per aver accettato l’invito a Trieste/Ronchi e per aver condotto il seminario in maniera magistrale (come del resto tutti si aspettavano); un ringraziamento particolare vada anche ai maestri Tomè e Passalenti per aver voluto coinvolgere i loro allievi ed essere intervenuti a questo koshukai; un grazie a tutti i presenti che hanno reso meritevole la pratica con la loro presenza ed il loro impegno.

L’augurio con il quale si è concluso l’evento è di poter presto riproporre – a Ronchi o in altra sede – una simile occasione di pratica intelligente e proficua.

Aikido di Iwama a Milano

Aikido di Iwama a Milano

Aikido di Iwama a Milano
Aikido di Iwama a Milano

(Articolo comparso sulla testata del maestro Enrico Neami che ringrazio: qui il link diretto all’articolo)

Il maestro Gian Luca Guerra, V dan Iwama Shin Shin Aiki Shurenkai (ISSASK), ha diretto domenica 21 maggio 2023 un seminario di Aikido Tradizionale della Scuola di Iwama nel proprio Aiki Shuren Dojo Milano, ospitato dalla sala arti marziali del Nippon Club S. Agata di via Feltre.

Aikido di Iwama:
Foto di gruppo dei partecipanti al termine del seminario

Ideale prosecuzione dell’analogo incontro del 26 marzo 2023, il seminario si è articolato su due keiko (Aikiken e taijutsu) che hanno occupato una quindicina di praticanti per l’intero corso della mattinata (da poco prima delle ore 9 alle ore 12.30).

Il programma proposto dal maestro Guerra si è focalizzato sugli aspetti e sui dettagli fondamentali ed essenziali che stanno alla base dell’Aikido del Fondatore, i cui insegnamenti sono stati tramandati da Saito Morihiro Shihan e vengono oggi perpetrati in Iwama dalla Famiglia Saito: Saito Hitohira Jukucho in primis, sua moglie Hisako-sama, Saito Morihiro Nidaime (Yasuhiro) Waka Sensei e Saito Mitsuyoshi san.

Durante il keiko di bukiwaza (pratica con le armi), sono stati analizzati e praticati i suburi di ken e la loro esecuzione nelle tradizionali otto direzioni (happo giri 1,2,6 e 7 -no suburi no katachi) e, quindi, i fondamentali aikiken no awase ho (migi, hidari e loro applicazioni, go no awase).

Estrema attenzione è stata riservata a tutti quei dettagli solo apparentemente poco rilevanti che, in realtà, rendono la tecnica di Aikiken concretamente efficace (una vera spada-che-taglia e non un bastone di legno roteato nell’aria): hanmi, peso e postura, kiai, hanmi no henko, ken no shimeru, il movimento che trae origine dal centro e ne è espressione, ritmica e tempistiche dei colpi uchi e dei colpi tzuki, maae e distanze, harai, logica e strategia del gesto marziale, attitudine e, soprattutto, ken-tai-jo no riai ovvero il principio di unicità e compenetrazione tra tecniche del corpo e tecniche armate che soggiace all’intera essenza dell’Aikido.

Durante il keiko di taijutsu, invece, dopo aver focalizzato l’attenzione sugli essenziali katatedori tai no henko nelle due tipologie di esecuzione kihon e ki no nagare (e relative differenze o kihon-ki no nagare no kubetsu) e su morotedori kokyuho con relative correlazioni tra hanmi no henko (spostamenti della postura hanmi e, quindi, del corpo) ed ashi-sabaki (ovvero spostamenti dei piedi), Gian Luca Guerra ha proposto uno studio intensivo di katatedori iriminage nelle tre forme basiche di te-odoki (svincolamento della mano): gedan, chudan e jodan.

Recentemente proprio il maestro Guerra aveva peraltro pubblicato una propria versione in lingua italiana dell’interessante articolo di Tim Haffner Irimi nage: l’occhio del ciclone (originariamente pubblicato in lingua inglese) che rimanda precisamente a queste tre forme di esecuzione della proiezione-entrando o irimi nage.

Erano presenti sul tatami del Nippon Club praticanti provenienti dalla Lombardia, dal Canton Ticino (CH), dall’Emilia Romagna e dal Friuli Venezia Giulia.

Tai no henko
Kokyu nage
Tai no henko 2
kinonagare

Il maestro Guerra ha proposto insegnamenti e spunti di riflessione preziosi ed importanti che pescano le loro salde radici nella linfa vitale tratta dalle lunghe e ripetute permanenze in Iwama in qualità di uchi-deshi (allievo interno residente) nel Tanrenkan Dojo di Saito Hitohira Jukucho – l’ultima delle quali per tre settimane nel febbraio di quest’anno 2023 – e dagli insegnamenti di Alessandro Tittarelli Shihan di cui Gian Luca Guerra è stato per anni umile ma costante e perseverante allievo ed amico.

Ciascuno dei presenti allo stage ha potuto ricevere indicazioni e stimoli utili per il proprio percorso di crescita, sia si trattasse di shoshinsha (principianti) sia di yudansha (praticanti esperti con la cintura nera); sul tatami, oltre al maestro, era presente anche un altro dei senpai (praticanti di lungo corso con grado elevato) italiani del gruppo di allievi del compianto Alessandro Tittarelli Shihan, il maestro Marino Ablondi V dan.

In occasione del seminario è stata organizzata anche una piccola raccolta fondi tra i presenti in aiuto alle zone alluvionate della regione Emilia Romagna il cui ricavato sarà devoluto nei prossimi giorni con un bonifico sull’apposito conto corrente della Protezione Civile nazionale.

Iwama-ryu Aikido: Irimi-nage – L’occhio del ciclone

Iwama-ryu Aikido: Irimi-nage, l’occhio del ciclone

Qui l’articolo originale di Tim Haffner “Iwama-ryu Aikido: Irimi-nage – The Eye of the Hurricane”)
Traduzione in italiano: Gianluca Guerra (www.dentooiwamaryu.it)

Iwama-ryu Aikido
Hitohira Saito Kaicho e Saito Morihiro Ni Dai Me (Yasuhiro)

In seguito ad una recente sessione di allenamento serale al Tanrenkan Dojo, nella fredda aria di dicembre nel nord della prefettura giapponese di Ibaraki, ho avuto la fortuna di acquisire ulteriori approfondimenti su alcuni principi tecnici e filosofici dell’Aikido da Saito Hitohira, Kaicho dell’Iwama Shin Shin Aiki Shurenkai . Il Kaicho, insieme alla moglie Hisako Saito, ha preparato un pasto a base di sashimi di sardine e bonito, una frittella di okonomiyaki a base di patate con salsa al rafano ispirata da ricetta di alcuni studenti russi del Dojo (Uchideshi NdR), stufato di carne e noodles fritti con pepe nero piccante .

Ci siamo riuniti intorno ai tavoli di legno dello Shin Dojo, situato accanto alla casa della famiglia Saito e di fronte al Santuario dell’Aiki, e abbiamo gustato il cibo conversando mentre guardavamo le fiamme danzare attraverso la finestra della stufa a legna che era stata recentemente pulita da diligenti Uchideshi che nel frattempo erano tornati nei loro paesi d’origine, Russia e Germania.

Saito Kaicho e Hisako-san
Saito Kaicho e Hisako-san
Iwama-ryu Aikido
Una tranquilla celebrazione nello Shin Dojo

Katate-dori Irimi-nage
Ad un certo punto della cena, Kaicho si mise a parlare della tecnica praticata durante il keiko (稽古) di quella sera. Ho praticato con il figlio di Kaicho, Morihiro Ni Dai Me (Yasuhiro) ed ho lavorato su diverse varianti della “proiezione in entrata” dell’Aikido (Irimi-nage・入身投げ) da una presa del polso singolo dallo stesso lato (katate-dori・方手取り). In questa tecnica ci sono generalmente tre metodi di base per liberare la presa (te-sabaki・手捌き) praticate da posizioni alte, poi basse e infine medie (上,下,中).

Sebbene le prese ad un solo polso eseguite frontalmente possano sembrare insignificanti tra le moderne arti marziali ed il combattimento sportivo, è importante ricordare le radici dei samurai dell’Aikido, dove un attacco che immobilizza le braccia impedisce a colui che si difende di accedere alle armi portate in cintura, rendendolo così ancora più vulnerabile a ulteriori e più decisivi attacchi. Pertanto, liberarsi dalle prese al braccio o del polso per riconquistare l’accesso alle proprie armi, e quindi controllare l’esito del confronto, era una abilità vitale per la storica classe dei guerrieri giapponesi. Anche questo rimane pertanto un significativo contributo che l’Aikido oggi offre ai professionisti armati ed ai cittadini responsabili in tutto il mondo.

Iwama-ryu Aikido
Attacco Katate-dori: uke Ken Campbell, shite Tim Haffner
Iwama-ryu Aikido
Katate-dori: prosegue l’attacco
La vera minaccia delle prese al polso: essere immobilizzati, disarmati e vulnerabili.
La vera minaccia delle prese al polso: essere immobilizzati, disarmati e vulnerabili.
Katate-dori Sabaki: muoversi per liberarsi, ottenere il controllo e conservare le tue armi.
Katate-dori Sabaki: muoversi per liberarsi, ottenere il controllo e conservare le tue armi.

Illustrazione dell’attacco

Outlaw King (2018): Stessa presa laterale del braccio e disarmo del pugnale.
Outlaw King (2018): Stessa presa laterale del braccio e disarmo del pugnale.

Un buon esempio di questa tipologia di attacco può essere osservato nel film “Outlaw King” in cui lo storico Robert Bruce di Scozia invia un Lord rivale, John Comyn, mentre i due stavano discutendo faccia a faccia. Bruce afferra il braccio di Comyn mentre cerca di raggiungere il pugnale sulla cintura di quest’ultimo e poi lo colpisce centralmente nel cervello, uccidendolo con un solo rapido colpo. Sebbene il film rappresenti una drammatizzazione storica, esso offre un’eccellente esempio concreto della natura devastante delle prese eseguito con un braccio associate ad attacchi successivi.

Outlaw King (2018): Stessa presa laterale del braccio e disarmo del pugnale

Programmazione di base

Programmare risposte efficaci a questo tipo di agguati richiede lo sviluppo di abilità attraverso un allenamento di rinforzo. Nell’approccio tipico dell’Aikido Iwama-ryu, agli avversari viene concesso di eseguire una forte presa in modo da creare le condizioni più sfavorevoli da superare. La pratica di base (kihon waza・基本技) consiste nell’imparare ad uscire dal pericolo assumendo una posizione di vantaggio nonostante la significativa resistenza dell’avversario. Questo implica adottare in modo intenso la tecnica attraverso la stretta aderenza alla forma prescritta.

Dopo un periodo di radicamento delle basi da una presa statica, viene praticata la stessa tecnica con il movimento che inizia quando nasce l’attacco. Queste pratiche di fusione (awase・合わせ) dei movimenti offrono l’opportunità di guidare l’energia dell’avversario e di applicare la tecnica mentre si è in movimento. In questo caso, è necessario prestare attenzione per evitare di disconnettersi dall’attacco muovendosi troppo rapidamente e alterando il ciclo decisionale dell’attaccante. Cercare di evitare l’attacco allontanandosi troppo presto offre all’avversario l’opportunità di riorientarsi su di un nuovo bersaglio. Pertanto, fondersi con l’attacco con un tempismo corretto richiede di attirare l’avversario nella nostra sfera di influenza, usando movimenti calmi e delicati.

Durante la sessione di allenamento ho ricevuto delle correzioni che consigliavano, in tutte e tre le varianti, che una volta liberatomi dalla presa, il polso dell’avversario dovesse essere tenuto saldamente ed il braccio completamente esteso all’incirca all’altezza del petto. Alcuni lettori potrebbero fare riferimento alla differenza qui con la serie di libri pubblicata negli anni ’70 o ’90 per notare che, in quei volumi, una uscita dalla posizione superiore (上段) non afferra il polso dell’attaccante ma usa una “mano a spada” (tegatana・手刀) per guidare il polso dell’avversario leggermente verso il basso e verso l’esterno.

Da Aiki Journal 1996 Takemusu Aikido Volume 2: More Basics, uke Pat Hendricks, shite Saito Hitohiro

Ritmo e flusso

Oltre a questo, proprio come il monaco zen Takuan Soho in “The Unfettered Mind” descrisse l’intervallo di tempo tra le azioni come analogo a quello di una scintilla emessa da una pietra che colpisce la pietra focaia, così anche la mano liberata deve muoversi immediatamente per afferrare il colletto dell’avversario. Le due prese ferme, polso e colletto, rafforzano poi l’azione di sbilanciamento in avanti dell’avversario prima di proiettarlo a terra con un movimento di passo inverso e applicando l’istruzione orale del Fondatore (kuden・口伝) per abbassare il pollice e fare in modo che “il tuo braccio sia come un anello di ferro” (親指は下を向くように、腕は鉄の輪のように).

Nell’attuale modalità di allenamento della “proiezione in entrata” dell’aikido praticato nel Tanrenkan Dojo di Iwama, le prese sul polso e sul colletto dell’avversario creano tensione dinamica coinvolgendo simultaneamente forze di contrasto. Ovvero, come accennato in precedenza, l’avversario è sbilanciato in avanti e leggermente verso l’esterno mentre il suo corpo viene allungato in avanti e indietro. Questo crea “l’effetto kuzushi (崩し)” nell’interrompere i loro equilibri, spostandoli fuori dalla loro base d’appoggio e facendo così fluttuare i loro corpi (ukimi ・浮身), rendendoli in questo modo facili da lanciare.

Un’altra caratteristica distintiva di questo approccio è che il petto dell’avversario sembra formare uno ripiano quasi piatto e il centro del suo cuore è rivolto verso l’alto. Questo è molto diverso da altri modi di fare iriminage in cui l’avversario viene messo a faccia in giù. Questa modalità richiede quindi uno sforzo tremendo per sollevarlo prima di proiettarlo all’indietro. Allungando l’avversario in avanti e tenendolo fluttuante sotto una tensione dinamica, il lancio diventa una questione di fluire con la loro naturale inclinazione di cadere all’indietro, alla ricerca del loro punto di equilibrio.

Questa azione dovrebbe avvenire entro due tempi e non tre. Spesso, quando si pratica la forma base di questa proiezione da una presa statica, c’è la tendenza a spezzare l’azione in tre parti, costituite dal rilascio della mano, seguita dallo sbilanciamento, e quindi dal lancio vero e proprio. Questo può essere identificato da tre distinte grida “kiai” (気合) che coincidono con i tre movimenti. Tuttavia, il rilascio e lo sbilanciamento della mano devono essere considerati e allenati come se facessero parte di un’unica azione. Invece di tre kiai dovrebbe esserci un’espirazione vocale leggermente più lunga seguita da una più breve. Il rilascio della mano e lo spostamento dell’equilibrio, come un’unica azione, creano quindi l’opportunità, il momento “aiki”, per fondersi con la reazione dell’attaccante all’essere sbilanciato. Sviluppare questa sensibilità attraverso un allenamento rigoroso da una presa statica porta a un grado di sensibilità e prontezza necessari per applicare con successo i principi in modo dinamico, quando l’energia scorre (ki no nagare ・気の流れ).

Katate-dori: uke Tim Haffner, shite Saito Morihiro Ni Dai Me (Yasuhiro)
Katate-dori Jodan Te-Sabaki (Inserimento della mano)
La posizione Irimi-nage Kuzushi.
La proiezione Irimi-nage
Il momento di Zanshin dopo la proiezione con Irimi-nage

Apri per entrare

Molti approcci all’aikido sottolineano la necessità di spostamento durante un attacco muovendosi dalla parte anteriore dell’avversario verso la sua parte posteriore entrando in quello che è noto come “l’angolo morto” (shikaku ・死角). Questa posizione tipicamente allinea la linea centrale del difensore con la scapola anteriore dell’attaccante ed è la relazione spaziale preferita per prendere l’iniziativa e dominare l’ingaggio di combattimento. Questo è ciò a cui si riferiva il fondatore dell’aikido, Ueshiba Morihei O’sensei, quando nelle sue poesie (doka・道歌) consigliava di “entrare in profondità e girarsi”, o di “stare dietro la forma del nemico e abbatterlo”.

Il passaggio allo shikaku, in particolare nelle fasi iniziali dell’apprendimento, comporta spesso ampi movimenti delle gambe attorno all’esterno dell’avversario per arrivare alle sue spalle. Gli anglofoni spesso scherzano sul fatto che “irimi” significa che la responsabilità è “mia”, che devo quindi entrare per impostare il lancio. Questi metodi di allenamento rimangono preziosi, ma l’evoluzione di questa tecnica deve mirare a realizzare un altro detto dalle poesie di O’sensei: attira l’avversario fuori dalla sua sfera di forza e dentro la tua. Con questo scopo, l’insegnamento durante la sessione di allenamento serale si è concentrata più sulle aperture e meno sulle entrate per eseguire il “la proiezione in entrata “. Piuttosto che “camminare” dietro l’avversario, si allineano le dita dei piedi in modo simile a come viene eseguita la pratica di base del cambio del corpo “tai no henko” all’inizio di ogni lezione di “taijutsu” nello stile Iwama. La rotazione dei fianchi, facendo perno sulla punta dell’alluce, combinata con il rilascio della mano “te-sabaki” porta l’avversario a perdere l’equilibrio in avanti, facendolo perdere l’equilibrio in un modo simile a quando uno sciatore si sporge in “avanti” rispetto alle punte degli sci.

Un altro aspetto per realizzare questo sbilanciamento in avanti dell’avversario è l’apertura del corpo. Molte pratiche iniziali di irimi-nage sembrano essere esercizi “bidirezionali”: affrontando un avversario in avanti, fai un passo dietro di lui per assumere la stessa direzione in cui si trova, sbilanciandolo all’indietro nell'”angolo morto” e caricando con i tuoi due piedi sostanzialmente allineati lungo linee parallele prima di completare la proiezione.

La tecnica semplificata per principianti prevede una rotazione di 180 gradi. Al contrario, la tecnica più evoluta è più simile ad una apertura di 225 gradi. Finirai nella stessa relazione spaziale con l’attaccante, nell’angolo morto “shikaku”, ma il movimento necessario per arrivarci è completamente diverso.

Diventare l’occhio dell’uragano

Le pratiche da principianti per l’entrata, mettendosi alle spalle di un attaccante, vanno bene, ma incarnare il concetto del Fondatore richiede raffinatezza. Un’idea fondamentale nel Budo (武道) è quella di presumere sempre che siano presenti più aggressori potenziali. Impegnarti a muoverti dietro un avversario può metterti in una posizione da imboscata programmata. Pertanto, “estrarre l’attacco dell’avversario” (portarlo fuori linea NdR) è una tattica di sopravvivenza, non una mera nozione filosofica.

Realizzare questo nella tecnica implica allineare le dita del piede in avanti con quelle delle dita degli avversari, allo stesso modo di tai no henko. In questo modo, l’apertura del corpo tai sabaki ed il disimpegno delle mani te-sabaki consentono un movimento libero che essenzialmente prende l’iniziativa anche durante un attacco a sorpresa. Questo consente quindi di seguire le risposte a qualsiasi altro malintenzionato che potrebbe essere coinvolto.

La posizione Shikaku da un attacco Katate-dori.

Bisogna avere un alto grado di consapevolezza situazionale e ambientale per applicare l’aikido. Devi essere consapevole dei vettori di minaccia da tutte le direzioni contemporaneamente.
Non è richiesto solo un cerchio di consapevolezza, ma una sfera espansiva. Non vuoi essere ai margini della confusione ma occupare il centro. È questo centro, l’occhio all’interno di un uragano di azione, che devi creare con la tua presenza.

Anima, suolo e resistenza

Questo è ciò che O’Sensei intendeva quando descriveva gli Otto Poteri (八力) nella cosmologia shintoista. Ancora una volta, l’aikido non è solo filosofico ma immanentemente pratico. Gli otto poteri (fusione-separazione, indurimento-ammorbidimento, tensione-rilassamento e movimento-immobilità) sono multipli attivi di otto che si estendono in direzioni infinite. L’intera sfera, non solo un cerchio ma cerchi sovrapposti che si espandono in tutte le direzioni. Questo è un altro motivo per praticare quotidianamente la meditazione (chinkon ・鎮魂), con la stessa devozione del Fondatore. Stabilizzare lo spirito ci mette in contatto con il ritmo, i cicli e le attività naturali dell’universo in modo che possiamo quindi intraprendere abili azioni.

O’Sensei ha perseguito il Budo e l’agricoltura a Iwama. È un percorso di produzione e protezione. Serviamo l’umanità coltivando la terra e noi stessi attraverso un duro sforzo. Non possiamo semplicemente gettare semi per terra ed aspettarci che diano frutti. Aspettarsi di arrivare direttamente ai fiori è pura illusione. Dobbiamo coltivare la terra, ed è un duro lavoro, ma necessario se vogliamo goderci il raccolto. Le idee del Fondatore derivano in gran parte dalla tradizione rurale dei samurai (地侍). Solo una piccola percentuale della popolazione è stata samurai. I principi dell’Aikido possono, in effetti, essere universali, ma pochi sono all’altezza della sfida di una disciplina continua. Non possiamo aspettarci che tutti abbiano quello che serve per seguire il percorso. Di ogni dieci persone che vengono ad allenarsi, forse due o tre rimarranno, e questo va bene. Qui, a Iwama, continueremo comunque a coltivare la visione di O’Sensei.

Shurenkai: https://iwamashinshinaikido.com/
volumes: https://academy.aikidojournal.com/takemusu-aikido-books
Iwama: https://iwamashinshinaikido.com/


Informazioni sull’autore: Tim Haffner è un ufficiale militare e delle forze dell’ordine statunitense in pensione che vive nell’area ovest di Tokyo. Ha conseguito un 5° Dan in Iwama Aikido e si allena anche nell’arte della spada Tennen Rishin Ryu.

Stage di Aikido Tradizionale a Milano

Stage di Aikido Tradizionale a Milano

Aiki Shuren Dojo Milano c/o Nippon club

(Articolo comparso sulla testata del maestro Enrico Neami che ringrazio: qui il link diretto all’articolo)

Domenica 26 marzo 2023 si è svolto a Milano un interessante e proficuo stage di Aikido Tradizionale della Scuola di Iwama – Dentō Iwama Ryu Aikido diretto dal maestro Gian Luca Guerra, 5° dan Iwama Shin Shin Aiki Shurenkai.

Il seminario ha avuto luogo presso l’Aiki Shuren Dojo Milano, dojo milanese del m° Guerra, che è attualmente ospitato nella bella sala per discipline marziali del Nippon Club di via Mestre.

Gian Luca Guerra è uno dei senpai del gruppo italiano (Dentō Iwama Ryu Italia) afferente alla scuola di Aikido Tradizionale guidata da Saito Hitohira Jukucho, l’Iwama Shin Shin Aiki Shurenkai; oltre a vantare una pluriennale e variegata esperienza aikidoistica ed oltre ad essere stato allievo diretto del compianto Alessandro Tittarelli Shihan – accompagnandolo ed assistendolo anche in numerosi seminari da lui diretti in Italia ed all’estero – è uno dei pochi occidentali ad aver ricevuto il prestigioso grado godan (cintura nera 5° dan, appunto) motu proprio da parte di Saito Hitohira Kaicho durante uno dei propri frequenti soggiorni a Iwama, Giappone, culla dell’Aikido e sede centrale del dojo e dell’organizzazione di Saito Sensei.

Recentemente rientrato in Italia da uno di questi periodi di permanenza e studio in Giappone quale uchideshi (allievo interno, ovvero residente nel dojo) a Iwama, ha voluto organizzare per i propri allievi un momento di approfondimento e condivisione di quanto appreso, estendendo l’opportunità di studio anche a praticanti esterni ed amici.

I partecipanti allo stage di Milano; al centro il m° Guerra

l seminario si è articolato su due keiko (sessioni di pratica), che hanno avuto luogo entrambe nella mattinata della domenica.

La prima sessione è stata dedicata allo studio dell’Aiki-jo, ovvero la pratica del jo (bastone medio) dell’Aikido: dopo uno speciale focus sui suburi (i movimenti di base da effettuare in solitaria ed in sequenza), si è praticato Kaiso Jikiden Saito Morihiro Shihan 13 no jo kata, ovvero il kata dei 13 movimenti di jo come trasmesso a suo tempo da Ueshiba Morihei, Fondatore dell’Aikido, a Saito Morihiro, suo allievo più stretto. Sia nella pratica del kata che nella pratica del relativo kumijo, è stata posta un’attenzione particolare a quei dettagli fondamentali (hanmi, hitohemi, tsuki no jo kamae, la dinamica dello stesso caricamento del colpo tsuki, tegatana, harai…) che rendono i movimenti di tsuki – e le relative armonizzazioni – solidi, efficaci, potenti e veloci, ed elevano decisamente il livello della pratica per qualità e sostanza.

La seconda sessione, riservata al taijutsu o pratica a mani nude, dopo aver affrontato e puntualizzato numerosi aspetti di katatedori tai no henko (kihon e ki no nagare) e di morotedori kokyu-ho, si è concentrata sulla comprensione, l’approfondimento e lo studio di shihonage, uno dei pilastri – assieme a iriminage, kotegaeshi, koshinage e kokyunage – dell’Aikido di Iwama.

Il maestro Guerra ha insistito con perizia e meticolosità su molti di quegli aspetti elementari quanto essenziali di ciascuna delle tecniche affrontate, i quali, proprio in ragione della loro basicità, vengono troppo spesso approssimati dai più senza comprensione della loro essenzialità per una pratica sincera ed efficace ma il cui studio indefesso costituisce, invece, il vero cuore dell’allenamento quotidiano nel dojo centrale di Iwama. Ha anche riportato l’attenzione dei partecipanti a quanto il gesto tecnico corretto si rispecchi in quei concetti fondamentali che riverberano spesso nei kuden (detti) del Fondatore – ad esempio Ken, tai, jo zenbu onagi desu – o di Saito Morihiro Shihan – come Aikido wa kandan desu.

Sul tatami milanese del Nippon Club erano presenti praticanti del capoluogo lombardo ma anche provenienti dal bresciano, da Parma, dal Lazio e dal Friuli Venezia Giulia; era presente al seminario anche il maestro Marino Ablondi, altro storico senpai dell’Aikido di Iwama italiano.

A latere dei keiko è stato possibile condividere ricordi e rimembranze sulla vita del gruppo italiano di aikidoka che seguono Saito Sensei e, nel corso del momento conviviale che ha chiuso la giornata, il maestro Guerra ha riportato numerosi aneddoti, taluni anche curiosi e divertenti, dal suo recente periodo di permanenza in Giappone.

L’evento milanese di fine marzo ’23 è constato, insomma, di un’ottima occasione di pratica, di una grande opportunità per attingere a quell’energia sincera che caratterizza l’Aikido di alto livello, e di una buona occasione didattica per raccogliere spunti e stimoli costruttivi della miglior specie; auguriamoci l’esperienza possa essere riproposta quanto prima.

@EnricoNeami

Il discorso del maestro Murata sul monumento commemorativo a Morihiro Saito Shihan

Cerimonia di inaugurazione del monumento a Morihiro Saito Shihan

Il discorso del maestro Murata sul monumento commemorativo

Cerimonia “Morihiro Saito Memorial” svoltasi ad Iwama il 15 agosto 2021 presso il dojo ufficiale dell’Iwama ShinShin Aiki Shuren Kai
Traduzione in inglese: Busenkai Tokyo
(Qui l’articolo originale)
Traduzione in italiano: Gianluca Guerra (
www.dentooiwamaryu.it)

il maestro Murata Koji
Il maestro Murata Koji

Poiché questo saluto raggiungerà i nostri partecipanti internazionali online, leggerò il manoscritto che ho preparato in anticipo per facilitarne la traduzione.
Ci sono tre cose che vorrei dire su questo monumento.
La prima riguarda la parola 滴々相承 “tekiteki shoushou
Il secondo punto riguarda il perchè il testo del monumento onorifico sia diventato un po’ più lungo rispetto ad un monumento normale.
Il terzo punto riguarderà il restauro del Santuario dell’Aiki.

Primo punto:
Nella sezione di apertura del monumento onorifico, è scritto che “Riceverò l’eredità di Morihei Ueshiba, il fondatore dell’Aikido, e continuerò a diffondere le sue tecniche e il suo spirito”. Qui la parola 滴々相承 “tekiteki shoushou”, può essere tradotta come “Versare fedelmente da un recipiente all’altro”. Significa trasferire tutta l’acqua da un recipiente all’altro. Il più delle volte, anche se pensi di aver spostato tutto, un po’ d’acqua rimarrà nel contenitore originale. Ma in questo caso significa versare tutto nel recipiente. Questo processo è sfidante perché richiede che un maestro straordinario condivida tutto con un vero discepolo, anche a rischio della sua vita. Questo può essere possibile solo quando esiste un profondo rapporto di fiducia. Comprendo che il fondatore e Morihiro Saito sensei condividessero quel tipo di affinità, poiché egli ha trascorso la sua vita cercando di condividere con i suoi discepoli ciò che aveva ereditato dal Fondatore. Ecco perché la parola 滴々相承 “tekiteki shoushou” ha un significato così profondo, in quanto può essere intesa come “Trasferire tutto fedelmente”.

Secondo punto:
Il testo è un po’ più lungo rispetto alla maggior parte dei monumenti commemorativi comuni. Questo perché ripercorrere i fatti, piuttosto che scrivere storie ascoltate su Morihiro Sensei, trasmetterà i suoi successi con precisione senza che vengano confusi da alcuna interpretazione o esagerazione.

Terzo punto:
Ricordo quando pranzai il giorno di Capodanno con Morihiro sensei; lo stesso anno in cui morì. Mentre beveva il matcha-wari shochu, il sensei disse con gioia: “La restaurazione del Santuario dell’Aiki è finalmente finita! Ora posso incontrare O’sensei nell’aldilà“. Quel giorno mi chiesi perché mi avesse detto una cosa del genere.

Morihiro sensei ha personalmente coperto quasi tutto il costo del restauro. Ha anche prodotto la serie di video “Iwama Aikido”, tutto questo per insegnarci le tecniche dell’Aikido e per pagare i costi di restauro del Santuario dell’Aiki. L’attuale aspetto del Santuario Aiki è dovuto agli sforzi del nostro insegnante.

Rifletto sulle sue parole ora, del perché desiderava avere la possibilità di raccogliere la sua eredità per noi. Alla fine dell’iscrizione sul monumento, ho inciso i pensieri del maestro Morihiro.

Ultimo ma non meno importante, vorrei esprimere la mia sincera gratitudine a tutti coloro che dal Giappone e dal resto del mondo, hanno sostenuto questo grande progetto di costruzione di questo monumento commemorativo.

Sento che il mio cuore è stato connesso con tutte le persone che ho allenato e con cui ho condiviso i keiko prima.

Per concludere questo discorso, vorrei ringraziare sinceramente Hitohira Saito sensei per aver sviluppato questo progetto.

Grazie per l’attenzione

村田 孝二
Murata Koji

Cerimonia di inaugurazione del monumento a Morihiro Saito Shihan

Cerimonia di inaugurazione del monumento a Morihiro Saito Shihan

Parole di saluto del maestro Hitohira Saito

Cerimonia “Morihiro Saito Memorial” svoltasi ad Iwama il 15 agosto 2021 presso il dojo ufficiale dell’Iwama ShinShin Aiki Shuren Kai
Traduzione in inglese: Busenkai Tokyo
(Qui l’articolo originale)
Traduzione in italiano: Gianluca Guerra (
www.dentooiwamaryu.it)

Saito Hitohira Sensei
Saito Hitohira Sensei

Sono profondamente grato oggi, anche se siamo in mezzo a questa pandemia di COVID, di potervi dare il benvenuto a questa cerimonia di inaugurazione. Questo monumento di riconoscimento è stato costruito con il supporto di tutte le persone legate a Morihiro Saito Sensei e con il supporto pervenuto dall’estero a sostegno di questa causa.
Mio padre, Morihiro Saito, nutriva un profondo sentimento d’amore per la coppia fondatrice. Tuttavia, i miei genitori erano sposi novelli a quel tempo, e penso che mia madre avesse faticato all’inizio a comprendere l’accento dalla prefettura di Wakayama.
Nei suoi ultimi anni, quando la moglie del Fondatore, Hatsu, era costretta a letto a causa del suo stato di salute, mia madre riportava le sue parole al fondatore quando non riusciva a comprenderla. Il fondatore nutriva un grande rispetto per la sua sincera dedizione alla moglie.
L’ha sostenuta per 18 anni mentre era costretta a letto. Come fratelli, ammiravamo tutti la sua sincera generosità e il grande esempio che ci ha dato.
Dopo la morte della coppia fondatrice, i miei genitori hanno continuato a occuparsi del dojo e del Santuario dell’Aiki. Hanno sempre mostrato grande rispetto per il fondatore e sua moglie. Il forte legame che hanno avuto con la coppia fondatrice è l’onore della famiglia Saito.
Ritengo che lo stesso discorso valga quando si tratta di tramandare l’Aikido alle generazioni future. La diffusione dello stile di Iwama in tutto il mondo è stato un risultato eccezionale di Morihiro Saito Shihan. Grazie al continuo supporto di mia madre e delle persone vicine, abbiamo costruito questo monumento onorifico. Morihiro Saito sensei non ha mai smesso di perseguire lo spirito e la tecnica del fondatore, e anche noi continueremo nella stessa direzione.
Non c’è fine alla storia, ma vorrei salutare tutti oggi, sperando che ognuno di noi persegua il significato del monumento onorifico come fonte di vita e divertimento.
Infine, vorrei ringraziare ancora i miei genitori e la mia famiglia.
Ringrazio sinceramente tutti voi.

齊藤仁平
Saito Hitohira

Intervista al Maestro Hitohira Saito: Il Kokyu in Aikido

Intervista al Maestro Hitohira Saito – Self&Dragon magazine: Il Kokyu in Aikido

Intervista realizzata nel novembre 2019 a Rennes (Francia) da Olivier Eberhardt.
Traduzione in inglese: Charles Durand / Olivier Eberhardt
(
Qui l’articolo originale)
Traduzione in italiano: Gian Luca Guerra (
www.dentooiwamaryu.it)

Il numero di aprile 2020 della rivista Self & Dragon è appena stato pubblicato. Molti insegnanti hanno dato un contributo alla trattazione del tema dell’ “Ushiro Waza”. È anche un’occasione per scoprire l’intervista con il Maestro Hitohira SAITO rilasciata a Rennes durante il suo ultimo stage internazionale tenutosi nel novembre 2019 sul tema del Kokyu in Aikido.
Oltre a condurre il 5° seminario internazionale sull’Aikido organizzato di recente a Rennes da Olivier Eberhardt, SAITO Hitohira Sensei, caposcuola dell’Iwama Shin Shin Aïki Shuren Kai, si è impegnato in uno degli aspetti fondamentali dell’Aikido: il Kokyu.

  • Maestro Saito, secondo lei può esistere una tecnica “waza” senza che vi sia nozione di Kokyu, qual è il suo vero significato?

La parola “Kokyu” si riferisce alla respirazione. Sia l’aria che si inspira che quella che si espira. Questo è senza dubbio il significato comune della parola “kokyu”. A seconda della scuola o della disciplina praticata, questa parola può avere altri significati. O-Sensei usava spesso questa parola così come il termine “iki”, che significa “respiro-respiro”. È difficile descrivere in dettaglio il significato della parola “Kokyu”, ma il suo significato tende al concetto di unificazione.

In Aikido, il principio attivo di “Kokyu” (Kokyuryoku) si manifesta nelle tecniche mediante movimenti circolari e spiraliformi che consentono proprio questa unificazione. Le linee rette sono importanti per la pratica delle armi perché consentono di tagliare o bucare con forza. Quando si parla di “Taijutsu” (lavoro a mani nude), vengono principalmente utilizzati movimenti curvi, circolari o spiraliformi.

Qualunque sia la morfologia del partner, esiste sempre un modo per fargli perdere l’equilibrio. In una posizione eretta naturale il corpo umano è forte sui lati ma debole sul davanti e sul retro. Nella posizione “Hanmi” è l’opposto. Il corpo è forte nella parte anteriore e posteriore ma debole sui lati. A seconda della situazione, spirali e cerchi aiutano a guidare il corpo del partner verso il suo punto di squilibrio. Per fare questo, non si tratta di tirarlo in una direzione o nell’altra, ma di adottare la posizione appropriata che consenta di spingerlo “Oshi-dasu” verso questo punto di squilibrio senza che si verifichi alcuna competizione fisica con lui.
Più ampie sono le tecniche, più è difficile adottare e mantenere questa posizione ideale. È indispensabile e necessario trovare l’angolazione giusta rispetto al partner, mantenere il proprio equilibrio ed applicare un movimento di spinta in una spirale.

Se tutte queste condizioni sono soddisfatte, si arriva ad un punto in cui l’unione con il partner avviene naturalmente. Siamo “in fase perfetta” con il partner, come se fossimo “uno solo”. È questo lo stato particolare descritto dalle parole “kokyu” e “iki”. Questa fase di unificazione, equilibrio e armonia con i fianchi è molto stabile, quindi permette al “kokyuryoku” di esprimersi liberamente.

Quando ci esercitiamo sul “Morote-dori” (presa con entrambe le mani del polso), questo è esattamente ciò su cui stiamo lavorando: equilibrio, angolo, spirale e spinta proveniente dai fianchi. Lavorare di forza su questo attacco non ha alcun senso … È in questo movimento a spirale che il corpo del partner viene assorbito, sbilanciato e portato a diventare un tutt’uno con il proprio corpo. Può quindi sprigionare questa forza attiva e sottile che caratterizza il “kokyu”.

Il cerchio e la spirale si ritrovano senza dubbio in tutti i movimenti dell’Aikido: Tai-no-henko, morote-dori kokyunage, shiho-nage, irimi-nage ecc.. In aggiunta a questo, in tutte le tecniche di Aikido, non si “tira” mai il partner per squilibrarlo e per proiettarlo. Lo si spinge sempre. Questo è davvero importante da capire. Non che non sia possibile sbilanciare il partner tirandolo ovviamente, ma ciò che caratterizza e rende interessante le tecniche di Aikido è l’uso di tutto il corpo attraverso un movimento circolare o a spirale per portare lo sbilanciamento. Da questo punto di vista, il judo e l’Aikido sono davvero molto diversi.

Le molte possibilità e le variazioni derivano dall’uso di movimenti a spirale. Puoi spingere il partner dentro o fuori dalla spirale. Questo porta alla distinzione tra le forme “omote” e “ura”. In tutte queste tecniche, posizioniamo il nostro corpo in modo tale da poter sbilanciare il partner, generare lo scaturire di questo punto di unificazione e distribuire questa forza (non muscolare) che ci consente di proiettare il partner. Ciò richiede un adattamento costante a seconda del partner, dei tempi, ecc.

Noi studiamo tutto questo durante il Keiko, l’allenamento. Con il suo corpo. Non con la testa. È solo con il corpo che si possono cogliere questi dettagli. All’inizio guardiamo e imitiamo. Quindi, nel tempo, con la ripetizione e mentre pratichi incessantemente le tecniche di base, questi principi vengono assimilati dal corpo del praticante. Ritengo che questa forma di apprendimento, attraverso l’instancabile ripetizione dei movimenti, sia valido per tutto il Budo e per tutti gli sport. Quando uno sportivo riesce a passare una bella palla al suo partner, è perché i due erano già in fase, in unione, in armonia, anche prima che la palla fosse lanciata.

Piuttosto che parole per spiegare e comprendere questi principi, O-Sensei ha detto: “Osserva, capirai!”. Le parole possono essere soggette a interpretazione e disorientamento. Quindi evitale il più possibile.”

  • Maestro Saito, cosa pensa di questo 5° Seminario Internazionale a Rennes (Francia)?

Molti praticanti di tutti i livelli. di tutti gli stili e da molti paesi hanno partecipato a questo corso. In questa diversità, ciò che è importante è che ogni partecipante sia stato in grado di cogliere il significato di questo seminario. Ogni praticante ha le sue abitudini, le sue specificità ed il mio scopo non è quello di imporre di fare in un modo o in un altro. Il mio scopo è quello di risvegliare i praticanti ad altri modi di pratica, altre forme, altri modi di fare le cose e riflettere sulla pratica dell’Aikido.

Durante lo stage, voglio particolarmente interessarmi ai principianti e ad indirizzarli. Tutti i graduati con hakama hanno più o meno esperienza e competenza, ma hanno una base su cui poter costruire. A volte capita anche che persino i graduati non siano in grado di muoversi. Ciò può essere dovuto al fatto che non hanno mai imparato a fare questo o quel movimento, o al fatto che non sono abituati a lavorare con prese  potenti e solide come richiesto da O-Sensei. Ma per questi praticanti che possono aver avuto delle difficoltà, la cosa più importante è che sono stati in grado di sperimentare un tipo di lavoro molto vicino a ciò che è stato praticato sotto la guida diretta di O-Sensei.

In fin dei conti, non importa il reale livello tecnico dei praticanti e la loro capacità di eseguire bene le tecniche. Per me ciò che ha davvero senso è consentire loro di vivere un’esperienza autentica, conforme alla pratica di allenamento data dal Fondatore. Spero che questa esperienza possa essergli utile nel prosieguo della loro pratica una volta tornati nei rispettivi Dojo di appartenenza.

Potrei essere stato duro con alcuni praticanti durante il seminario, ma li amo tutti. Sulla terra, ognuno è diverso dall’altro, ma l’umanità è una e l’Aikido è una celebrazione di questa unità che va oltre le differenze.

Vorrei ringraziare di cuore Olivier ed i suoi studenti per la preparazione e la realizzazione di questo seminario.
Scarica l’articolo originale in francese

Intervista – Olivier EBERHARDT
Traduzione – Charles DURAND
Photos: Franck BOISSELIER

 

 

Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai: Storia, presente e futuro

Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai: Storia, presente e futuro

Articolo pubblicato su BudoJapan con testo di Grigoris A.Miliaresis
(Qui l’articolo originale)
Traduzione dall’inglese: Gian Luca Guerra (www.dentooiwamaryu.it)

Hitohira Saito

(Saito Hitohira Sensei)

Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai: La nascita di un Koryu*

Per quanto mi piaccia occasionalmente passare per quello che ne sa tanto dopo tanti anni di pratica, per quello che le ha viste tutte e le ha provate tutte (o almeno fingo di farlo!), devo confessare che non posso assolutamente vantare alcun ricordo di ciò che alcuni hanno definito il grande scisma dell’Aikido del 1974, quando Koichi Tohei (1920-2011) lasciò l’Organizzazione Akikai per creare la propria, il Ki no Kenkyukai. All’epoca avevo solo sette anni e il mio interesse per il Giappone e, di conseguenza, per le arti marziali, non sarebbe decollato per almeno altri cinque anni. Quando ne venni a conoscenza, Koichi Tohei era già diventato un’altra grande figura indipendente nel mondo dell’Aikido e l’unico legame con l’Aikido dei vecchi tempi, saldamente radicato in Giappone c’era Morihiro Saito, che ancora viveva nel Dojo di Morihei Ueshiba in Iwama .

Quando ebbe luogo la separazione della dinastia Saito (dall’Aikikai N.d.T.), era il 2003 e stavo già praticando Aikido; nel frattempo Internet era già diventato una parte importante della nostra vita e molte altre informazioni erano quindi disponibili. Hitohiro Saito, il figlio di Morihiro Saito che era deceduto nel 2002, tre anni dopo il secondo Doshu Kisshomaru Ueshiba, si era separato dall’Aikikai e aveva creato la propria organizzazione, quella che ora conosciamo come Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai, situata vicino al vecchio Dojo di M.Ueshiba e al santuario di Iwama (Aiki Jinja N.d.T.), ma non sui loro possedimenti. Anche se le ripercussioni derivanti da quella divisione non erano importanti come quelle che coinvolsero Koichi Tohei, essa ha suscitato discussioni molto vivaci nel Dojo e sul panorama di Internet. Questo perché per la maggior parte delle persone era come se fosse avvenuto un divorzio tra le famiglie Ueshiba e Saito, dopo una matrimonio durato oltre 50 anni.

Morihiro Saito: il custode …

Morihiro Saito Sensei era un personaggio stravagante; ho sentito gente chiamarlo “il segreto meglio custodito dell’Aikido”, riferendosi soprattutto alla sua scelta di rimanere in Iwama e di continuare ad insegnare quello che aveva appreso da Morihei Ueshiba nei 23 anni vissuti al suo fianco, ed era, senza dubbio, il suo discepolo più devoto durante l’ultima fase della sua vita. Questa dedizione all’eredità dell’Aikido di O-Sensei fu il motivo che indusse persone che mai si erano allenate con lui (M.Saito N.d.T.) o che mai lo avessero visto insegnare o fare dimostrazioni, a rispettarlo enormemente. A seguito della sua morte avvenuta nel 2002, un duro colpo per il mondo dell’Aikido, e la separazione difficile da comprendere avvenuta nel 2003 di suo figlio dall’Aikikai, la domanda su chi avrebbe mantenuto vivo lo spirito del Dojo di Iwama senza la presenza della famiglia Saito fece la comparsa sulle labbra dei professionisti di tutto il mondo.

Morihiro Saito e Morihei Ueshiba
(Morihiro Saito e Morihei Ueshiba)

Naturalmente le organizzazioni hanno i loro modi di sopravvivere: è così che fanno la storia. Anche se era all’inizio della sua carriera, il terzo Doshu, Moriteru Ueshiba riuscì a reinventare magistralmente il Dojo di Iwama come “Ibaraki Dojo” e a gestire gli insegnanti locali ed i praticanti di lunga data che scelsero di non seguire Hitohiro Saito con gli insegnanti del Tokyo Honbu (compresi lui stesso e più tardi suo figlio, l’erede apparente alla posizione di Doshu) rendendolo istituzionalmente legato all’organizzazione Aikikai, superando quindi il legame personale stabilito da Saito nel corso degli ultimi anni della sua vita. E poiché il tempo è spietato, oggi, a 15 anni dalla scissione, ci sono persone dal Giappone e dall’estero che hanno trascorso giorni, settimane e mesi praticando a Iwama e che conoscono Saito solo come nome del passato – quasi allo stesso modo con cui conoscono solo per nome Morihei Ueshiba.

…e il co-creatore

Da un certo punto di vista, la spaccatura ha reso immortale Morihiro Saito in due diversi aspetti della tradizione: per l’Aikikai era l’uomo che ha tenuto in vita il Dojo di Iwama, e questo fatto e la sua stessa presenza sono così intimamente intrecciati nella storia dell’Aikido del dopoguerra che non possono essere negati, messi in dubbio o screditati. Per l’Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai, ora nella sua fase di pubertà (è vecchia quanto la divisione: 15 anni), è il fondatore-dopo-il-fondatore, la persona che non ha mai smesso di predicare il vangelo di Morihei Ueshiba . E, ovviamente, è il padre e il principale insegnante del leader di questa generazione, che lo rende il più vicino e importante per l’organizzazione stessa come Kisshomaru Ueshiba lo era per l’Aikikai. Non credo che i parallelismi finiscano qui: anch’io condivido la convinzione che, insieme al secondo Doshu e Koichi Tohei, Morihiro Saito sia stato il creatore dell’Aikido come lo conosciamo oggi.

Anche una rapida occhiata superficiale ai video esistenti di Morihei Ueshiba, mostra che anche se una parte del suo retaggio esiste in ciò che milioni di persone praticano oggi come “Aikido”, questa parte è in realtà piccola. Quello che vediamo negli Shihan di oggi è Morihei attraverso la comprensione dei tre grandi che gli succedettero: suo figlio, Kisshomaru Ueshiba, il capo istruttore del dopoguerra Honbu Dojo, Koichi Tohei e la persona che ha vissuto più vicina a lui per l’ultimo quarto della sua vita, Morihiro Saito. L’influenza di queste tre persone è così grande che puoi vederla anche in persone che non si sono mai allenate con loro: i grandi movimenti fluenti di Kisshomaru Ueshiba possono essere visti in persone che non sono direttamente affiliate all’Aikikai, l’energia esplosiva di Koichi Tohei in persone che non l’hanno seguito dopo la spaccatura del 1974 e l’enorme vigore di Morihiro Saito in persone che non hanno mai messo piede a Iwama.

Quello che rende il caso di Morihiro Saito il più sorprendente è che è riuscito a influenzare tante persone partendo però da un handicap: non aveva una sua organizzazione come Kisshomaru Ueshiba e Koichi Tohei o la loro aria cosmopolita – non nascondeva mai il fatto di essere un provinciale ragazzo di campagna che si imbatté in quello che sembrava una leggenda vivente (“il vecchio faceva una strana arte marziale tra le montagne”), lo andò a vedere, ne fu incantato e quindi si fermò. E quando lo fece, si immerse totalmente nella pratica del “vecchio con le strane tecniche” e riuscì a stargli a fianco. A detta di tutti, questo non deve essere stato affatto facile: il vecchio era anche lui un contadino che era riuscito a moltiplicare la sua forza fisica e mentale molte volte e a mantenerla tale nonostante i suoi anni. Ma Morihiro Saito ha perseverato e tenuto il passo e anche nei video l’energia che irradia è quanto di più simile all’energia di Morihei Ueshiba.

Libri in inglese ed un piccolo dojo di campagna

È interessante notare che l’approccio unico di Morihiro Saito all’Aikido è riuscito a superare i confini e a trovare radici in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Italia e dall’Australia alla Svezia. Però non lo definirei sconcertante: la serie di libri “Takemusu Aikido” prodotta con Stanley Pranin e in particolare il volume 6, il commento al manuale di addestramento “Budo” di Morihei Ueshiba del 1938, ha dato al mondo anglosassone un’idea della sua interpretazione di Aikido, mentre la sua insistenza nell’insegnare jo e bokken era la risposta alle esigenze di tutti gli aikidoka che si chiedevano perché l’Honbu Dojo non insegnasse le armi. Per inciso, è interessante che sia la maggior parte non giapponese a richiedere costantemente tecniche di armi (posso attestarlo, avendo praticato l’Aikido soprattutto al di fuori del Giappone): in Giappone le persone che praticano all’Honbu Dojo e presso i suoi satelliti non sembrano preoccuparsi molto di questo aspetto della pratica dell’Aikido.

E poi c’è la mitologia della piccola cittadina degli uchideshi: per coloro che volevano vivere il loro mito del “duro allenamento in un piccolo Dojo nel Giappone rurale”, il Dojo di Iwama e Morihiro Saito lo hanno alimentato in abbondanza! La stessa città di Iwama, i dintorni del Dojo e le strutture per vivere e praticare, il programma uchideshi, l’atteggiamento duro sia dell’istruttore che della gente del posto, reale e per associazione e, soprattutto, la pratica veramente dura, erano esattamente quello che gli aikidoka non giapponesi necessitavano di provare per poter definire il loro Aikido come “vero”. In un certo senso, le persone che andarono a Iwama durante il periodo Saito impararono sia l’arte marziale moderna che quella classica, un budo moderno ed un koryu bugei nello stesso tempo, in circostanze che si adattarono perfettamente alla loro idea di come dovesse essere insegnato il budo: nel cuore della campagna giapponese, in un Dojo privato, accanto ad un santuario shintoista, da un allievo diretto del Fondatore, con un contatto diretto, vivendo nello stesso ambiente e lavorando la terra.

Non sto facendo del facile umorismo su quanto detto precedentemente: tutti quelli che erano interessati al budo giapponese avevano queste fantasie, soprattutto perché fino a qualche decennio fa non erano fantasie! Ancora oggi, ogni volta che dico a qualcuno proveniente dall’estero che la maggior parte del Koryu (o del Budo) è praticata nei centri sportivi municipali con spazi affittati a tariffa oraria, posso vedere la delusione nei loro occhi. Siamo cresciuti credendo che i centri sportivi municipali siano adatti al basket e al ping-pong, non per i nobili percorsi verso l’autorealizzazione come le arti marziali. A questo punto capisco perfettamente perché tutte queste persone si sono radunate ad Iwama negli anni in cui Morihiro Saito stava insegnando: ho provato la stessa cosa quando ho visitato il Dojo anche se era ben dopo la sua scomparsa, dopo la separazione e oltre nel periodo “Ibaraki Dojo” . È il dojo in cui tutti vogliono allenarsi.

L’eredità di Saito (Morihiro N.d.T) continua: Hitohira Saito

Non riesco a immaginare come debba essere stato per Hitohiro (ora Hitohira) Saito essere nato ed aver passato i primi anni della sua vita in quel posto, con Morihei Ueshiba ancora vivo. Anche supponendo che non abbia mai avuto un vero addestramento dal fondatore dell’Aikido (quando Morihei Ueshiba morì, aveva solo 12 anni), il fatto stesso che la sua vita quotidiana fosse il Dojo, lo stesso Ueshiba e sua moglie, Hatsu, un gruppo extra di nonni e tutte quelle persone che venivano a praticare, devono essere stati elementi determinanti per la sua vita futura. Voglio dire sì, è un cuoco ed artista di una certa fama, ma mi chiedo, è mai stato messo in dubbio che sarebbe stato coinvolto dall’Aikido in modo più profondo di quella che poteva essere una pratica occasionale da una o due volte la settimana? Ammettiamolo: come i rampolli di Ueshiba, è un componente della reale famiglia dell’Aikido quindi il suo futuro era praticamente predestinato.

In un certo senso, la sua stessa genealogia e la sua educazione spiegano la decisione di Hitohira Saito di lasciare l’Aikikai; non posso fingere di sapere come si sente o cosa pensa, ma posso capire che se hai un rapporto così vecchio e così profondo con qualcosa e così personale da coinvolgere la famiglia, reale e sentito, allora lo vuoi sviluppare a modo tuo. E sì, puoi vedere il punto di vista degli altri (cioè dell’Aikikai) ma traccerai la linea da qualche parte. E la sua linea, come enunciato nella sua dichiarazione del settembre 2004, quella che girava durante il suo seminario in Italia, era che voleva mantenere il diritto di emettere certificati Iwama-ryu per i suoi studenti. Il che, ancora una volta, ricorda il modo in cui i Koryu Bugei sono organizzati – anche se viene usato un nome in stile Koryu: Iwama-ryu, a significare l’importanza che il posto ha per lui, come è stato per suo padre.

E perché no? È nato lì, suo padre è nato e lì è morto, ha imparato l’Aikido lì, sta insegnando l’Aikido lì – è letteralmente un figlio della terra e voleva mantenerlo vivo (L’Aikido N.d.T.) in nome del suo stile (e lo fece, alla fine, nominando la sua organizzazione Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai), più o meno allo stesso modo di Kashima Shinto-ryu e Katori Shinto-ryu (e anche il mio Buko-ryu Toda-ha). Giusto per essere chiari, questo non significa che prendo la sua difesa nella disputa con l’Aikikai: non conosco tutti i fatti e anche se l’ho fatto, non è il mio posto. Ma posso vedere da dove viene, letteralmente e figurativamente, posso capire perché ha deciso di disegnare quella particolare linea di demarcazione nella sabbia e posso capire perché continua come lui (Morihiro N.d.T.). E francamente, quello che ho visto quel giorno all’undicesimo Enbu Taikai dell’Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai a Kasama (che in pratica è il nuovo nome per le città di Iwama e Tomobe), lo ha confermato senza mezzi termini.

La dimostrazione dell’Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai

In una piccola struttura provinciale – ironicamente un municipio – hanno raccolto gruppi provenienti dai dojo giapponesi dell’Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai (Nagoya, Osaka, Sendai, Tanabe, Akita, Tsukishima, Hitachi, ecc.) e da 9 dojo esteri dello stesso (Taiwan , Australia, Argentina, Russia, Italia, Francia e Uruguay) per commemorare il 50 ° anniversario della morte di Morihei Ueshiba e il 17 ° anniversario della morte di Morihiro Saito. Dopo una breve cerimonia scintoistica, è seguito un saluto ed una introduzione di Hitohira Saito che è stata seguita da dimostrazioni prima dalla rappresentanza dei dojo giapponesi, poi dai membri non giapponesi dell’organizzazione e infine dal suo capo scuola, lo stesso Hitohira Saito, in totale oltre 100 praticanti con circa la metà di loro provenienti dall’estero. Tutto sommato, due ore piene dell’espressione della comprensione dell’Aikido da parte dell’erede della famiglia Saito e dei suoi discendenti, nella vita reale e nell’arte; in altre parole, il presente ed il futuro di Iwama-ryu (lo so, il nome è Iwama Shin-Shin Aiki Shuren-kai ma a mio avviso è sempre Iwama-ryu).

Enbu Taikai 2018
(Enbu Taikai 2018)

Tecniche a mani nude, proiezioni e immobilizzazioni, pugni e calci, armi contro armi (compresi i famosi jo kata dei 13 e dei 31 movimenti praticati fronteggiando avversari) e tecniche di disarmo – tutte le tecniche sono state eseguite nei tre livelli (kihon/katai/rigido, yawarakai/morbido e ki-no-nagare/fluente) abbiamo imparato ad associarli con i “quattro corpi” dell’Iwama-ryu (kotai/corpo rigido, jutai/corpo flessibile, ryutai/corpo fluente e kitai/corpo energetico). E tutto ricordava il movimento forte e solido di Morihiro Saito, pieno di forti Kiai e attacchi atemi, un mondo a parte rispetto a quello che abbiamo imparato a chiamare “Aikido” come definito dall’Aikikai e dai grandi movimenti circolari che caratterizzano principalmente l’eredità Kisshomaru Ueshiba, ma che ricorda anche l’ultimo periodo, quasi disincarnato (Spirituale N.d.T.) di Morihei Ueshiba. Questo Aikido porta con sé il suolo duro con cui i contadini di Iwama devono lottare per far fruttare la terra – dubito che possa esserci un’analogia più chiara per lo stile di Shin-Shin Aiki Shuren-kai, un Aikido genuino e senza pretese, ma non necessariamente poco sofisticato.

(Enbu Taikai 2018)

(Enbu Taikai 2018)

Per qualcuno con il mio background, è difficile esprimere un’opinione sull’Aikido di Hitohira Saito e sul suo Shin-Shin Aiki Shuren-kai: il mio obiettivo principale è lo studio delle arti delle armi, nate secoli prima del suo, e del mio background di Aikido derivato da un mix di Kisshomaru Ueshiba e Koichi Tohei, un tentativo di bilanciare i grandi movimenti e il rilascio istantaneo di energia. Inoltre nessuna delle mie scuole ha una relazione particolare con il soprannaturale come Morihei Ueshiba aveva con i Kami del Giappone (c’è una ragione per cui Hitohira Saito usa la parola “shin/kami” nel nome della sua organizzazione). Ma c’è sicuramente una cosa che anche uno distante come me può riconoscere: l’amore che lui ed il suo gruppo hanno per Morihei Ueshiba ed i suoi insegnamenti, un amore così profondo che sfida molte delle nozioni del budo moderno. Nel bene o nel male, quello a cui abbiamo assistito quel giorno nella sala di Kasama è stato un Koryu in fase di elaborazione: compatto, personale, concentrato e con una relazione potente e passionale verso i suoi antenati – diamogli tempo, e in un paio di generazioni lo vedremo nelle dimostrazioni delle associazioni Koryu accanto al Daito-ryu o al Wado-ryu.

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(*) Koryū (古流) è una parola giapponese che si traduce in “antica scuola” o “antica tradizione” soprattutto nel contesto delle arti tradizionali giapponesi (arti marziali, artigianato) che risalgono a prima della modernizzazione (Periodo Meiji). (Fonte Wikipedia)

Intervista al Maestro Hitohira SAITO

Intervista al Maestro Saito Hitohira

Intervista realizzata il 09 novembre 2014 a Rennes (Francia) da Olivier Eberhardt.
Traduzione in inglese: Charles Durand / Olivier Eberhardt
(
Qui l’articolo originale)
Traduzione dall’inglese: Gian Luca Guerra (
www.dentooiwamaryu.it)

Rappresentante mondiale dell’ “Iwama Shin Shin Aiki Shuren Kai” Saito Hitohira Sensei è venuto a Rennes (Francia) nel novembre 2014 a condurre il suo 3° seminario internazionale in questa città. Figlio e successore di Morihiro Saito Sensei, SAITO Hitohira Sensei è uno dei pochi insegnanti che hanno vissuto e praticato sotto la guida di O-Sensei fin dalla sua infanzia.
Invitato da Olivier Eberhardt e sotto l’egida del Dento Iwama Ryu Francia, ha risposto a un’intervista ripercorrendo i suoi legami con la famiglia Ueshiba e le specificità dell’Aikido che ha diffuso in tutto il mondo.
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– Maestro Saito,
Che rapporto c’era tra le famiglie Saito e Ueshiba?


Mio padre è diventato un discepolo di O-Sensei nel 1945 e ha seguito i suoi insegnamenti fino alla sua morte avvenuta nel 1969. Mio padre ha ricevuto dal Fondatore un terreno situato proprio accanto a casa sua, dove ha costruito la casa in cui ancora vivo oggi. O-Sensei provava un grande affetto per mio padre. Anche mia madre ha servito la famiglia Ueshiba, per diciotto anni.

Anche se ho preso la mia indipendenza, sono ancora molto grato alla famiglia Ueshiba. Inoltre, questa indipendenza, l’ho raggiunta dopo aver ricevuto l’autorizzazione e l’approvazione del terzo Doshu UESHIBA Moriteru. Pertanto, non vi è alcuna controversia tra noi e Moriteru Sensei che è per me come un fratello maggiore. Il sostegno della famiglia Ueshiba è molto importante per me, e spero sinceramente che le famiglie Ueshiba e Saito manterranno quel rapporto studente-insegnante in futuro.

– Maestro Saito,
quali sono le caratteristiche distintive dell’allenamento (Keiko) nella vostra scuola Iwama Shinshin Aiki Shuren Kai?

Prima di parlare delle caratteristiche dell’allenamento (keiko), è importante tenere a mente che mio padre, Morihiro Saito, è stato il discepolo diretto di O-Sensei per molti anni e che ha poi diretto il Dojo di O-Sensei fino alla sua morte. Tutto questo è durato mezzo secolo, 50 anni….

Mio padre mi ha trasmesso l’Aikido come O-Sensei lo praticava, e che era basato su tre elementi fondamentali: La pratica delle armi (bukiwaza), la pratica di tecniche a mani nude (taijutsu) e la spiritualità scintoista. Oggi, solo lo stile di Aikido Shinshin di Iwama offre una pratica fedele all’Aikido di O-Sensei. Una pratica che integra simultaneamente questi tre elementi fondamentali.
O-Sensei aveva molti discepoli. Di questi, alcuni si sono resi presto indipendenti. Altri rimasero nell’Aikikai, ma di loro, pochi hanno veramente capito nel profondo l’insegnamento di O-Sensei. In questo contesto, mio padre è rimasto 23 anni con O-Sensei il quale gli ha trasmesso direttamente il suo insegnamento. Mio padre praticava ogni giorno direttamente con O-Sensei, e ha trasmesso questo stesso insegnamento nel dojo di Iwama. Io sto solo portando avanti questa eredità: la nostra pratica riproduce fedelmente tutti gli aspetti dell’Aikido che O-Sensei praticava.

In termini di pratica, c’è un punto che molte persone hanno frainteso. Nel Budo, la regola è semplice: se sei immobilizzato da una presa e non sei in grado di liberarti da solo, sei morto.

La prima base del Budo è quindi quello di essere in grado di liberarsi da una vera e propria presa, potente e che immobilizza. Ecco perché è essenziale che gli studenti pratichino prima nella peggiore delle posizioni, quella statica. Ovviamente, l’obiettivo finale è quello di essere in grado di schivare prima che l’avversario riesca ad afferrare o trattenere utilizzando tecniche in modo dinamico. Ma immagina che cosa succede se, per un qualsiasi motivo, ad esempio per un errore nei tempi di reazione, si è impossibilitati a schivare un attacco in tempo. Sei morto. Questo è il motivo per cui consideriamo così importante, la base, allenarci con tecniche adottando la posizione o la situazione più pericolosa o difficile per noi.
Il primo passo è imparare cosa fare in casi specifici. Poi il praticante integra gradualmente tutte queste basi nel suo corpo e gradualmente diventa in grado di eseguire le tecniche in modo dinamico.

Questa progressione passo-passo non è riservata solo all’Aikido. Esiste anche in calligrafia, dove si riflette in tre stili di scrittura (Kaisho, Gyosho e Sosho) (1), ed è esattamente la stessa nel Budo.

Meglio ancora, è la stessa in tutte le parti della vita: come ad esempio qualcuno che guida la moto per la prima volta, all’inizio non riesce perché non ha equilibrio. Poi, trova l’equilibrio pian piano, mentre continua a guidare. Egli progredisce mentre integra le diverse sensazioni del suo corpo. Per noi, la formazione segue lo stesso percorso. Il nostro metodo di formazione consiste nel partire dalla posizione più sfavorevole e realistica, quella statica: impariamo come eseguire correttamente la tecnica, rimanere stabili e a sbilanciare l’avversario. Gradualmente si acquisisce sempre maggiore precisione tecnica con gli angoli, i tempi di reazione, e un bel giorno si è in grado di realizzare pienamente le tecniche in modo dinamico. Lo scopo dell’Aikido è ovviamente praticare tecniche dinamiche, ma per acquisire la capacità di farlo, si deve passare obbligatoriamente attraverso un apprendimento statico. E’ impossibile capire il momento migliore per evitare un attacco se il tuo corpo non ha metabolizzato il momento esatto ed il punto in cui è stato immobilizzato.

L’allenamento (keiko) non si può limitare ad una esecuzione di tecniche in condizioni idealmente facili.
Questo è anche un atteggiamento verso la vita: Cosa pensate quando non siete in forma o quando siete malati? La vita reale non sempre offre le migliori condizioni per l’azione. Cosa si deve fare quando si ha un piede bloccato, quando è buio e quando non si può reagire con il giusto tempismo? Sin dai tempi antichi, i giapponesi prestano una particolare attenzione al lavoro di base, perché sanno che il contesto comporta situazioni diverse e non necessariamente quelle ottimali: la malattia, il fango, la notte …
Incorporare o meno queste basi, è quello che fa la differenza nei momenti critici, proteggendo la tua vita o no. Naturalmente ci sono persone molto forti in tutto il mondo, a prescindere dal metodo di allenamento, ma per la maggior parte di noi per raggiungere questo risultato, il punto di partenza del keiko (allenamento) è quello di integrare le situazioni meno favorevoli fin dall’inizio. Questo è vero in ogni Budo.
Questo è l’approccio dello stile di Aikido di Iwama, ed è quello insegnato da O-Sensei. Noi siamo fedeli ad esso.
Come accennato in precedenza, procediamo per tappe e dobbiamo prima essere in grado di muoverci anche quando veniamo fortemente afferrati / immobilizzati. O-Sensei ha detto “kashiri tsumete” nel dialetto della regione di Wakayama. Ciò significa “afferrare con fermezza”. Per lui un vero praticante di Budo deve imparare a muoversi anche quando viene saldamente afferrato / immobilizzato. Non è necessario allentare la presa perché il vostro partner è bloccato, altrimenti il Budo perde di significato. Non è sufficiente spiegare che “normalmente basta fare questo o quello in un situazione particolare e con una particolare tempistica”. Questo tipo di educazione non soddisfa il vero spirito del Budo. Ciò “dice solo che dovrebbe accadere idealmente” in questa o quella situazione, ma non insegna come raggiungere questo livello ideale. Tutto questo non è realistico ed è per questo che il mio insegnamento inizia con le basi: cosa fare nella situazioni più sfavorevoli (essere bloccato) …

Ma non ho inventato io questo modo di praticare, è il metodo di Morihei Ueshiba, che mio padre ed io manteniamo vivo.

– Sensei,
la vostra scuola Iwama Shinshin Aiki Shurenkai ha celebrato il suo decimo anniversario nel 2014. Cosa vedete quando ripensate a questi anni trascorsi e quali prospettive avete?

Sono nato nel 1957, per così dire “in grembo a O-Sensei”, con il quale mio padre ha studiato ininterrottamente per 12 anni. Mio padre e mia madre hanno servito O-Sensei e sua moglie ogni giorno. La vita quotidiana era incentrata sul Dojo di O-Sensei in Iwama, prefettura di Ibaraki.

Così, quando mi sono reso indipendente 10 anni fa, ero in preda ad un forte stress. Ero combattuto tra la voglia di restare ed il desiderio di proteggere questa eredità. Ero combattuto tra queste due opzioni, ma in ultima analisi, ho realizzato che rendermi indipendente era l’unica soluzione. E’ stato come fare un grande salto da una nave, senza boe o giubbotto di salvataggio. Nessuno voleva seguirmi o aiutarmi.

Ma non ho lasciato tutto con l’idea di ottenere aiuto o di essere seguito. Ho lasciato per adempiere ai miei doveri verso mio padre Morihiro Saito Sensei e verso Ueshiba Sensei. Ho lasciato per questo ed unico “puro” scopo, aggettivo che qui uso deliberatamente. Infatti, dal mio punto di vista, il rapporto di discendenza di O-Sensei è gradualmente diminuito da Kisshomaru Ueshiba Sensei in poi. Oggi la mia generazione è quella del terzo Doshu Moriteru Ueshiba Sensei e, nel frattempo, due correnti di Aikido, dall’Aikikai a quella di Iwama, si sono progressivamente separate e sviluppate in tutto il mondo.

Tuttavia, queste due correnti provengono dalla medesima fonte: O-Sensei. Pertanto non è esatto dire che pratichiamo qualcosa di completamente diverso.

D’altra parte, le nostre visioni non sono le medesime, e ciò traspare nei nostri insegnamenti e nello stile che andiamo praticando. A Tokyo (Aikikai), le persone praticano fin dall’inizio in ki-no-nagare (forma dinamica), mentre in Iwama ci atteniamo al metodo tradizionale. Non critico o rinnego il metodo seguito a Tokyo, perché alla fine lo scopo e la forma sono le stesse. In entrambi i casi vengono formati eccellenti Aikidoka.

L’insegnamento in Iwama è forse un po’ difficile al primo approccio per i principianti, ma è una forma di educazione in cui incomprensioni e difficoltà diminuiscono gradualmente.

Di fatto, nutro dubbi sull’insegnamento che non include le situazioni più impegnative, che vieta l’utilizzo di prese salde, un passo necessario per tener conto di tutti gli aspetti della realtà, ma che contempla le forme dinamiche (il più alto livello di pratica).

L’efficacia di questo metodo di allenamento è messo in dubbio da parte di alcuni studenti. Questo è uno dei motivi per cui alcuni smettono di praticare.

Al contrario, l’insegnamento del maestro Ueshiba si presenta complesso in un primo momento. Ma questo dubbio svanisce con la pratica e con il progredire della formazione e le difficoltà pratiche scompaiono. Per me, la qualità dell’insegnamento è quello che permette agli studenti di progredire risolvendo i loro dubbi e le loro difficoltà. Così, dopo un decennio di pratica, si può iniziare a cogliere e comprendere il tesoro lasciato in eredità da mio padre Morihiro Saito Sensei.

Non ho preso la mia indipendenza per essere indipendente, ma perché volevo continuare a trasmettere l’insegnamento di Morihiro Saito Sensei. Naturalmente questo indipendenza ha preso la forma di una nuova struttura denominata Shinshin Aiki Shurenkai. Ma in realtà, esiste solo per trasmette in maniera autentica e fedele la via dell’insegnamento tradizionale di O-Sensei, rispettando ed integrando i pensieri del Fondatore che vengono posti al centro della pratica. Questo è come pratichiamo per ogni giorno che Dio vorrà.
Ricevo molti ushi-deshi (studenti interni) provenienti da tutto il mondo. Cerco di farli vivere nel modo più preciso possibile rispettando la formazione che avrebbero avuto con il Fondatore, e questo inizia con le preghiere del mattino. Queste preghiere, che O -Sensei praticava quotidianamente, esprimono gratitudine agli dei. La preghiera e la gratitudine sono un denominatore comune a tutte le religioni del mondo. Il Fondatore iniziava e terminava ogni giorno con preghiere di gratitudine rivolte al Creatore. È in questo memoria di O-Sensei che il nostro gruppo è stato chiamato Shinshin Aiki Shurenkai “Shinshin” (神信) significa “aver fede in Dio”. Ho scelto questo nome per indicare semplicemente che il nostro Dojo mantiene vivo e insegna il Budo del Fondatore.

Sono passati 10 anni da quando ho scelto questo nome in ricordo di O-Sensei. Da allora, ci sono stati momenti di gioia, di tristezza, momenti difficili, ma questi 10 anni sono trascorsi molto velocemente. Ho passato questi momenti lasciandoli alla benevolenza di Dio, e ho fatto quello che doveva essere fatto ogni giorno. In questo periodo molte persone hanno aderito al nostro gruppo, è come una famiglia che continua a crescere.

Oggi, ogni giorno è bello. Quando ero giovane, ero così immerso nella mia pratica che ho avuto molti incidenti fisici, tra cui una operazione ai fianchi. Anche recentemente ho dovuto sostenere un intervento chirurgico ad un ginocchio. Ma anche con un corpo infortunato è possibile praticare se si rimane conformi agli insegnamenti del fondatore. Infatti, le tecniche del fondatore non sollecitano una parte specifica del corpo, ma l’insieme delle parti di esso allo stesso tempo. Infatti, la pressione esercitata su di un ginocchio viene facilmente compensata. Tuttavia, poiché la pratica del kihon (base) sollecita con forza gli arti inferiori, a volte sento ancora dolore alle ginocchia. Ma anche così sono felice e faccio in modo di utilizzare bene ogni giorno. Sì, questi 10 anni sono passati molto rapidamente.

In termini di prospettive, presto compirò 60 anni e ritengo che il mio ruolo ora sia quello di condividere e trasmettere l’insegnamento di O-Sensei ad almeno una persona in più. Il ruolo che il Fondatore ha dato a se stesso era quello di purificare questo mondo da guerre e di creare il paradiso sulla terra. E alla domanda di dove fosse questo paradiso, la sua conclusione fu che il paradiso siamo tutti noi, nei nostri cuori. L’ho sentito dire che “scoprire questo è lo scopo dell’Aikido”. Sarei molto felice se anche una sola persona in più lo comprendesse. La mia missione è quello di trasmettere gli insegnamenti del Maestro Ueshiba e di mio padre Morihiro Saito Sensei – “Morihiro” è il nome che O-Sensei ha dato a mio padre nell’Aikido-
Tuttavia, sebbene ora l’ Aikido venga sempre rappresentato dalla famiglia Ueshiba, ora devo preparare la discendenza con una nuova generazione, iniziando con i miei due figli Yasuhiro e Mitsuyoshi, che praticano l’Aikido. Li incoraggerò e aiuterò nella loro impresa. Allo stesso tempo, Moriteru Ueshiba Sensei non ha risparmiato gli sforzi, il figlio Mitsuru Ueshiba il 4° Doshu è ora un uomo. Mi auguro che le famiglie Ueshiba e Saito mantengono buone relazioni in futuro.
La leadership discende dalla famiglia Ueshiba, e la mia storicamente la sostiene. Voglio realmente preservare questa forma di pensiero in futuro.
Questo è quello che dico ai miei figli ogni giorno, ma, allo stesso tempo, dobbiamo proteggere, conservare e trasmettere le tecniche tradizionali di Iwama: questo è tutto il lavoro e l’eredità di mio padre. Tutti coloro che amano questa forma di pensiero sono nostri amici, ma non abbiamo niente contro coloro che non condividono questi valori, o che non conoscono l’Aikido. Ciò che conta davvero è che questi valori tradizionali vivano e si diffondano.
Questi valori sono l’anima del Giappone, e appartengono allo Shinto o al Buddismo. Li pratico in Shinto, come fece il Fondatore: la giornata inizia con la preghiera e la meditazione, poi inizia il keiko (allenamento), poi la giornata è spesa lavorando nei campi come ci ha insegnato O-Sensei.

È stato grazie a Moriteru Ueshiba Sensei, che mi ha permesso di essere indipendente, che io posso vivere bene proprio come fece il Fondatore. Precedentemente, mio padre e io abbiamo dovuto prenderci cura del Dojo del Fondatore, l’Aiki-Jinja con tutto ciò che comportava. Siamo stati molto impegnati anche se abbiamo avuto il tempo di lavorare nei campi e donare agli Dei i suoi frutti come offerte. Da indipendente, ora posso veramente seguire lo stile di vita di O-Sensei. Anche per questo sono molto grato alla famiglia Ueshiba. Sono anche molto grato a tutti coloro che sono coinvolti oggi nella cura del Dojo del Fondatore e dell’Aiki-Jinja.

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(1) Calligrafia (Shodo書道) ha tre stili di scrittura giapponesi che sono collegate in sequenza e corrispondono a passaggi ben definiti. Il primo stile insegnato è chiamato “Kaisho” ed è composto da caratteri strettamente centrati con prominenti angoli e in cui ogni dettaglio viene meticolosamente verificato. Questo primo stile è finalizzato ad acquisire le nozioni di base. E’ caratterizzato da una stampa statica. Il secondo stile è chiamato “Gyosho”: i caratteri sono simili allo stile Kaisho ma mostrano curve più dinamiche ed evidenziano i movimenti del pennello. I caratteri scritti nel terzo stile, chiamato “Sosho” o “scrittura ad erba”, sono illeggibili per i neofiti, le loro forme sono collegate in quanto evidenziano il movimento stesso del pennello. Ognuno di questi stili è un passo che richiede prima la padronanza dello stile precedente.